«Mesi», mi fa Ganesh.
«Mesi già.»
«Però ora ci sei.»
«Sì sì.»
«Che ne dici di raccontarla?»
«Sicuro?»
«…»
«Okay.»
Amici & Amiche, Signori &
Signore, il prode Elia Mangiaboschi, vostro diletto e adorato, signore degli
ultimi che tutto può…
GRANDE PUFFO: Ecchepalle. Puffiamo
subito al sodo. Non stiamo a perdere tempo, quel che abbiamo da raccontare ha
del fantastico…
PIERO ANGELA: Nonostante la scienza non
sappia ancora spiegarsi certi fenomeni.
FEDERICO MOCCIA: Quali l’amore…
EDGAR ALLAN POE: …E i fantasmi.
MASTRO LINDO: …Ma soprattutto perché
nella Stanza dei Bottoni da cui manovriamo Elia ci sia tutto ‘sto casino.
BATMAN: Colpa della Kundalini, te lo
dico io. Sbracata sul divano a bivaccare che è una bellezza…
…Vi sta per narrare ciò che gli è successo.
KARL MARX: Ma andiamo con ordine.
CHRISTOPHER VOGLER: Il problema di
ricominciare a scrivere dopo qualche mese è uno, riuscire a riprendere il
giusto ritmo senza che il lettore se ne accorga. Elia, essendo una frana, prova
non poca fatica. Se adesso lo poteste vedere, in questa uggiosa giornata di
pioggia di fine aprile, vi farebbe quasi pena, chino sul computer, a pigiare
tasti, davanti alla grande finestra. Ma notereste pure la paranoia che lo
assale ad ogni singolo rumore, sia esso un cigolio di porta, il ticchettio
della pioggia o anche semplicemente lo scarico del bagno.
Ci riprovo. La comincio ‘sta botta.
GRANDE PUFFO: Ecco bravo, puffala dal
parco.
La giornata è calda, nonostante la primavera non sia ancora arrivata.
Sono seduto sull’erba e leggo l’ultimo libro del mio autore preferito, Irvine
Welsh, che io ci sto proprio in fissa. Inforco gli occhiali da sole come quei
tipi americani e leggo leggo leggo.
Poi la vedo.
È seduta a pochi metri da me su un telo
rosso con una serie di elefantini stilizzati disegnati alla meno peggio. Anche
lei legge. La osservo un attimo, come rapito. Ha i capelli scuri che le cadono
lisci sulle spalle e gli occhi neri che sembrano quelli di una principessa di
un film di bollywood.
«Cazzo è della terra mia questa qui», mi fa Ganesh.
Il colore della pelle, un bel caffèlatte
chiaro, mi trascina improvvisamente via. Le labbra sorridono e si muovono un
pochino mentre sfoglia le pagine del libro. Le dita, lunghe e affusolate,
toccano la carta per un momento. Poi si porta il libro al naso e lo annusa.
FEDERICO MOCCIA: Ohhh.
MICHAIL BAKUNIN: Ed è qui che il nostro
adorato, Compagni, si innamora.
SIGMUND FREUD: Ché ‘sta tipa qua fa la
stessa roba che fa lui. Annusa i romanzi.
DYLAN DOG: Con me ha imparato, gli
piaceva l’odore della carta mia, ricordate? Ché era un bamboccino di sette anni
e ci metteva un mese esatto a leggere novantotto pagine di fumetto.
CARL GUSTAV JUNG: Adorava l’odore tuo,
della carta. Ci sarebbe pure da analizzarla un po’ ‘sta cosa.
LA VECCHIAIA: Anche adesso. Annusa tutti
i libri che legge.
LA MOSCA: Come lei…
FEDERICO MOCCIA: L’amore è fatto di cose
stupide, di quelle cose che non hanno senso, magari, che fanno sorridere o
scuotere la testa ma che in quei momenti diventano bellissime.
KARL MARX: Ecco no, le frasi farlocche
da romanzo rosa no. Buttiamolo di sotto a ‘sto stronzo.
Mi perdo proprio e il libro mi cade dalle mani; rimango così, con la
bocca sbracata giù e osservo la sua, di bocca, le labbra soffici e carnose che
si aprono in una piccola risata.
Cristo è bellissima cazzo.
Alza lo sguardo.
Ops.
Mi sorride.
GRANDE PUFFO: Daje! Daje è fatta!
SUPERSTELLINO DEGLI SNORKY: La sposeremo
e avremo tanti bambini con il tubo che gli nasce dal terzo occhio, mica no! E
li faremo crescere sott’acqua nel mare blu! Felici & contenti!
IL NEURONE: Diremo NO alla droga! E
all’alcol!
GRANDE PUFFO: Presto preso, mettiamo ai
comandi uno fico!
KARL MARX: Uno che ci capisce di donne!
SERGENTE HATMAN: Uno sciupafemmine!
DAWSON LEERY: Eccomi, sono pronto!
Ammicco.
Sei mia.
GIACOMO LEOPARDI (che ha sempre la
faccia di Elio Germano): Dawson, fai vedere che legge, che è uno colto, che si
dà arie. L’intellettuale del parco il nostro adorato.
Alzo il libro.
DAWSON LEERY: Ora abbasso di poco lo
sguardo, con quegli occhi da grand’uomo che solo Elia sa fare. Ecco, così…
piano piano. Concentrato. Bene, tolgo gli occhiali. Incrociamo gli occhi… sì…
dai…
SERGENTE HATMAN: L’indiana è nostra
palle di lardo! Nostra! Oggi lei, domani il mondo!
SIGNOR SPOCK: Per arrivare là dove
nessuno è mai giunto prima.
Oh, mi sorride proprio eh.
Io qua mi sono innamorato. È fatta. È mia.
Si alza.
Ora che faccio? Che dire?
SERGENTE HATMAN: Il ragazzo è in
difficoltà! Muovetevi muovetevi! Occhio aperto pronto?
SIGNOR SPOCK: Pronto!
SERGENTE HATMAN: Bocca in giù?
SUPERSTELLINO DEGLI SNORKY: Pronta!
SERGENTE HATMAN: Sguardo da bel
tenebroso?
DYLAN McKAY (quello di Beverly Hills
90210): Pronto!
SERGENTE HATMAN: Spalle dritte?
GIACOMO LEOPARDI (che ha sempre la
faccia di Elio Germano): Giuro, ci sto lavorando signore!
SERGENTE HATMAN: Cuore aperto?
YOGI BHAJAN: Sempre aperto!
SERGENTE HATMAN: Vai Dawson, crediamo in
te figliolo!
Faccio per alzarmi, la ragazza si avvicina…
poi lo sento. Un suono oscuro alle mie spalle. La voce… un orribile
stridio infantile. Mi volto. C’è una bimba che corre felice. La tipa mi supera
e l’abbraccia.
Porcapaletta.
SIGMUND FREUD: Sarà la figlia.
CARL GUSTAV JUNG: Sicuro.
Le osservo. Hmmm. C’è qualcosa
di strano. Toccherebbe indagare. Non torna. La ragazzina è bianca come un
cencio.
NELSON MANDELA: Questo è razzismo bello
e buono.
IL CENCIO: Nei confronti di noi cenci e
di tutte le stoffe discriminate.
No davvero è proprio bianca e anche mezza bionda.
GRANDE PUFFO: E ci credo, starà con uno
di quei culturisti da quattro soldi che passano il tempo a gonfiarsi i muscoli
con le droghe là, gli sterecosi. Uno di quei biondini del cazzo con gli occhi
azzurri e il capello a spazzola. ‘Stemmerde. Lo dicevo io! A puffare tutto il
tempo con la Play e i cicchetti invece che iscriversi a palestra. Ché adesso
Elia avrebbe due muscoli coi fiocchi e sai quanto rimorchiava? E invece
guardatelo! Guardatelo su! Un tisico cazzo!
Il morale crolla a terra. Finalmente mi ero innamorato!
IL CRICETO: La donna della nostra vita!
La donna della mia vita… sposata. Con una figlia. Chissà poi quanti
figli avrà questa qua. Sicuro una ciurma, co’ ‘sto stronzo patinato da
copertina di Playboy ‘affanculo mannaggia.
LA VOCE DI DIO: Non scoraggiarti
figliolo… vedrai, ne troverai altre.
È che a me con ‘ste donne va tutto male, mica no. Pure Anita, Lettori
& Lettrici, ve la ricordate? Tutto storto mi va.
«‘Fatti un raccontino su quella dovevi pure scriverlo eh», mi dice
Ganesh.
«Sì, pure la storiella mo…»
Il mio amore ritorna verso il telo suo.
Io già mi immaginavo matrimoni esotici e feste di quattro giorni.
«Ché viene dalla terra mia e mi facevo fare pure una mega statua con la
proboscide lunga due metri e tutta gente che lanciava fiori! Ti immagini?»
«Testa d’elefante scusa, ma non ti basta il tatuaggio che m’hai
costretto a fare al braccio?»
«Stolto umano, io ho bisogno di amore. E di curcuma.»
Poso il libro a terra. Guarda come si
abbracciano, ‘sta bimba del cazzo e la tipa. Le odio a tutte e due.
«Ricordi cosa dicevi sempre a vent’anni? ‘Sono innamorato dell’amore ma
non di chi me lo può dare’. Rammenta sempre gli insegnamenti del passato,
sempre…»
«C’hai ragione Ganesh. Meglio accannare tutto e andarsene a casa dal
coinquilino, casomai gli è avanzato uno spino di quell’erbetta là.»
Mi volto un’ultima volta a guardare il mio amore perduto.
E.
Anche lei.
Guarda.
Poi mi sorride veloce, prende per mano la ragazzina e se ne va.
Trovo Simone seduto a terra, a gambe incrociate, che recita un mantra
qualunque.
«Secondo me dovresti provare anche tu, con lo yoga dico. Sicuro poi la
tizia ti guarda. È indiana. C’hanno pure il ministro dello yoga in India.»
Ha ragione Ganesh. Senza dire una parola mi siedo accanto al
coinquilino, lo sguardo concentrato, il potere del terzo occhio che già scorre
in me.
«Rakhe rakhenahaar app baria gur ki peri paa-eh kaaj savaarian…»,
comincio.
«Ecchecazzo!»
«Oh, Simone. Devo imparare lo
yoga. C’ho bisogno di Kundalini, si deve dare ‘na svegliata».
«Cristo Elia, il mantra si recita, non si urla.»
«Insegnami ti prego, sarò il tuo discepolo devoto!»
«Che hai?»
«E che ho. Devo fare yoga. Tutto qui».
«Elia…»
Cosa dire? Raccontare al mio amico del
mio amore incredibile? Rivelare che ho conosciuto la donna della mia vita? Che
voglio sposarmi? Che lo lascerò solo a pagare l’affitto? Che già immagino il
colore delle stanze e tutto l’arredamento shabby? Che a lui e al pinguino che
ha squattato il cesso li voglio come testimoni di nozze? Che già so il nome di
mia figlia? Che la vedrò crescere bellissima e diventare un’importante avvocato
che difende gli ultimi? Che tutti ci ameranno perché saremo la famiglia più
bella del mondo? Che da oggi in poi scriverò solo storie d’amore smielate e
romantiche? Che vincerò lo Stega con ‘ste storie d’amore? Che ho il cuore in
subbuglio e non ci capisco più niente? Che l’amore vince sull’odio e adesso
finalmente capisco le parole di Silvio Berlusconi?
FEDERICO MOCCIA: Il mondo è fatto di
cuori che volano nell’aria!
GIACOMO LEOPARDI (che ha sempre la
faccia di Elio Germano): Tornami a mente il dì che la battaglia d’amor sentii
per la prima volta, e dissi: Oimè, se quest’è amor, com’ei travaglia!
«Mi sono innamorato».
«Eh?»
«Innamorato Simo’. I-nna-mo-ra-to. C’hai presente?»
«Tu?»
«Oh, mo non è che è una cosa così strana.»
«E di chi? Se mi è concesso.»
«Di una tizia vista al parco. Con una figlia. Bionda. Già mi sta sul
cazzo. La figlia, non lei.»
«Ah! A fare l’amante eh? Birbantello! Io una volta l’ho fatta ‘sta cosa,
dopo un po’ ti rompe il cazzo. All’inizio però è eccitante. Giuro. E a cosa ti
serve lo yoga?»
«È indiana».
«E quindi?»
«Beh…»
«Mo non è che in India fanno tutti yoga eh».
«Cazzo, mica ci avevo pensato. L’India è grande, forse non è neanche
induista».
«Non ascoltarlo Elia! Lei adora me, adora me!», mi fa Ganesh.
«L’hai conosciuta?»
«No, che sei matto? Ma ci siamo guardati», ammicco.
SUPERSTELLINO DEGLI SNORKY: Elia è troooppo fico.
GRANDE PUFFO: Elia gioca ancora con i
pupazzetti, deficiente. Questo è il mondo moderno, i giovani d’oggi rimorchiano
subito. Mica no. C’hanno le app loro. Instagram. Mica cazzi. Pubblichi una foto
e il gioco è fatto.
«‘Scolta a me. Domani vai al parco, ti avvicini quatto quatto e le
chiedi come si chiama. Con una scusa qualunque. Che ne so. Portati una palla e
lanciagliela addosso. O il frisbee, se lo lanci bene la becchi in pieno. O il
cane, porta il cane. Il cane rimorchia ‘na cifra».
«Ma noi non abbiamo un cane.»
«No, ma abbiamo un pinguino».
Il giorno dopo sono al parco con il pinguino al guinzaglio, lui
grugnisce un poco ma ci sta, ché gli ho spiegato la situazione e m’ha fatto
capire che era d’accordo.
Il pinguino nostro, Amici & Amiche, è un animale intelligente,
giunto da noi per conquistare il mondo e sterminare tutti gli uomini, un essere
superiore dotato di raziocinio, evoluto ecco.
Certo, non ha il dono della parola ma con le pinne sue si fa capire. Mettergli
il collare non è stato semplice col becco lungo che si ritrova, però alla fine
ce l’abbiamo fatta. Io lo adoro il pinguino mio.
Siamo arrivati al parco con la Vespa di Simone, prestata per la grande
occasione e al pinguino, che non era mai stato su una Vespa, la cosa è piaciuta
non poco.
Ci sediamo sull’erba soffice e aspettiamo, entrambi con gli occhiali da
sole, a ripararci dal sole appunto.
Il pinguino poverello ogni tanto mi guarda disperato, ché con ‘sta
giornata primaverile sente parecchio caldo. Quindi si mette pancia all’aria e
aspetta.
«Vuoi un po’ di crema?», gli faccio.
Lui manco mi risponde.
Ogni tanto un bimbo si avvicina e guardare il buffo animale ma io lo
caccio senza pensarci due volte. Il pinguino è mio cazzo e l’ho fatto uscire da
casa per un motivo specifico, mica come attrazione da baraccone. Non siamo su
Realtime cristiddio.
Una bimba si avvicina, spero tanto il pinguino la becchi, quasi quasi lo
incito. Poi la riconosco. È la figlia della ragazza di cui mi sono follemente
innamorato.
Il cuore accelera il suo battito.
Sudo.
La bimba accarezza il pinguino che
subito apre il becco.
«Lasciala stare. Lasciala stare ti prego, è la bimbetta della tipa. Non
mangiarle la mano, so che proveresti un certo gusto nel farlo, ma questo non
gioverebbe alla mia immagine. Fai il bravo.»
Il pinguino chiude il grande becco e si mette a leggere un testo di
aerodinamica spaziale.
La bimba lo tocca.
«Ciao bella bambina, sei sola?», chiedo con voce dolce.
SIGMUND FREUD: Bravo Dawson continua
così. Osservatelo con che grazia manovra Elia, complimenti!
GRANDE PUFFO: Mi puffa ammetterlo ma lo
psicologo qua c’ha ragione. Conquisti la marmocchia conquisti l’amore. È come
con i cani no? L’uomo che sa stare con i bamboccini rimorchia sempre.
«No», mi risponde, «sto con Mia…»
Un mondo di colori si spalanca
improvviso ed il cuore si riempie di gioia.
GRANDE PUFFO: Ma che è? Cosa succede
nella Stanza dei Bottoni?
MICHAIL BAKUNIN: Stanno volando tutti
cuori! È terribile!
FEDERICO MOCCIA: Terribile? Guardate
come le pareti si riempiono di frasi d’amore, come il rosso riempie ogni cosa!
Che aria piena, viva, frizzante! Qui
è sempre primavera!
E. L. JAMES (la tipa che ha scritto
Cinquanta sfumature di grigio): Sì ma ‘no spazietto per la stanza dei giochi lo
lasciamo vero?
Eccola arrivare, la dolce Mia, futura sposa del sottoscritto.
«Scusa», mi fa.
Ohhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh. Che voce
melodiosa, soave, poetica. Sicuro farà la cantante.
«Dì che siamo andati a Sanremo! Dillo dillo!», mi suggerisce Ganesh.
«O a The Voice!», lo incalza Piero Pelù.
«Vi sta importunando?»
Sicuro che è sposata. ‘Sto stronzetto
sarà uno di quei belloni assurdi là.
SERGENTE HATMAN: Correte ai ripari,
presto! Elia si sta demoralizzando! Sbrigatevi inutili sgorbi!
‘Sto testadicazzo…
CHARLES MANSON: Lasciate fare a me. Lo
uccideremo piano, lentamente, facendolo soffrire. Gli faremo capire cosa si
prova a mettersi contro il Mangiaboschi. Lo scuoieremo. Vivo. E con la sua
pelle ci faremo una morsa, ops
scusate, una borsa da regalare alla ragazza.
«No guarda cioè… io, voglio dire, noi, il pinguino ed io. ‘Nsomma. Ci
piacciono le ragazze. I bambini, ci piacciono i bambini. Anche le ragazze… tua
figlia ecco…»
GRANDE PUFFO: No no no! Superstellino
togliti subito dai comandi! Subito! Qui ci prende per un pedofilo!
«Non… non è mia figlia…»
E il mondo intero si scioglie. Che
ragazza d’oro! Che cuore grande! Avrà adottato la bambina in un orfanotrofio in
Russia! La piccola sicuro sarà stata abbandonata dai genitori tossici davanti
ad una chiesetta di periferia!
J. T. LEROY (che invece è quello di
Ingannevole è il cuore più di ogni cosa): Avrà subito qualunque genere si
sopruso! Un’infanzia distrutta con la madre prostituta e il padre violento!
Elia, sei pronto per fare il papà?
«Ma… è vero?», mi chiede la ragazza indicando il pinguino.
E qui l’animale ha un piccolo sussulto
d’odio. Fortuna che non ha le ginocchia e da sdraiato fa parecchia difficoltà a
muoversi.
«Uh, lui? Sì sì, è il nostro
animale guida. Cioè, da compagnia. Come un cane», sussurro. «Però non è un
cane. Cioè, lo vedi no?»
«Non è illegale avere un… pinguino?»
Adesso vaglielo a spiegare che sta a
casa nostra per conquistare il mondo e che ha preso il bagno come base
operativa.
«Abbiamo un permesso speciale.»
Fortuna che scrivo e a dir cazzate sono
un genio.
«Andiamo…», dice la bambina.
CHARLES MANSON: Uccidiamola ‘sta
mocciosa del cazzo!
«Sì… allora ciao.»
E rimaniamo soli, il pinguino ed io, ad
osservare l’amore scomparire oltre il parco.
LE
INCREDIBILI TECNICHE DI RIMORCHIO DI ELIA MANGIABOSCHI (palesemente copiate da
internet)
JAMES DEEN: Eccoci dunque giunti alla
prima lezione de Le incredibili tecniche di rimorchio di Elia Mangiaboschi.
L’adorato, povero in materia, può contare sull’aiuto di alcuni dei più grandi
latin lover della storia umana.
BRAD PITT: Io.
DON GIOVANNI: Io.
JOHNNY DEEP: Io.
MR. GREY: Io.
MARLON BRANDO: Io.
DAWSON LEERY: Ed io.
- Scegli il tipo di approccio che fa al caso tuo:
Indiretto
puro
Indiretto
Semidiretto
Diretto
BRAD PITT: Ecco qui Elia potrebbe optare
per un approccio semidiretto, con qualche ammiccamento. Proporre una cena in un
ristornate di classe, come quel kebbabaro a piazza Vittorio che fa dei falafel
da paura. Paro paro sì, per far vedere che è un tipo alternativo, un radical
chic di sinistra che odia il bio.
- Non cercare la frase d’approccio diretta:
DON GIOVANNI: Non è che ci andiamo a
provare con la prima che capita. Siamo esigenti noialtri. Abbiamo gusto.
- Sviluppa la tua parlantina;
JOHNNY DEEP: ‘Nsomma, fa un po’ come me
no? I pirati dei Caraibi. Fai il fattone e il gioco è fatto. E poi diciamocelo,
a Elia la parlantina non manca.
- Cura
il linguaggio del corpo;
MARLON BRANDO: Niente gambe accavallate,
nessun tic, zero dita nel naso. E pure grattarsi il culo è vietato.
- Non
aver paura di farle capire cosa provi per lei;
DAWSON LEERY: Joey. La mia amata Joey.
L’ho persa proprio così. Elia non commetterà il mio stesso errore.
- Supera
la tua ansia d’approccio;
MR. GREY: Zero ansie, zero problemi. So
che l’adorato con l’ansia ci va a nozze, ma deve crescere una volta per tutte!
Leghiamola la tipa, così capisce chi comanda.
- Migliora
il look;
JAMES DEEN: Niente pantaloni bucati,
niente scarpe rotte, niente magliette dei tempi del liceo con l’alone sotto
l’ascella, niente occhiali comprati alla bancarella, niente capelli spettinati,
niente di tutto questo. Migliora il tuo look. Sportivo ma elegante. Casual.
- Non
fare l’amico;
DAWSON LEERY: Evabbè, qui mi ci hanno
rimesso a me. Capisco capisco, bel senso dell’umorismo del cazzo, se posso.
Bene. E’ fatta. ‘Mmazza che figurino. Co’ ‘sta giacchetta e la camicetta
senza collo, tipo coreano no? Sembro veramente un divo del cinema. Pure la
sigaretta penzoloni, colpo di classe. E lo sguardo, mio Dio che sguardo.
Ci sono.
Prendo la bici e corro al parco.
Apro il libro.
Eccola. Mi sorride un attimo, la bambina accanto.
Io non lo so veramente cosa mi prende,
ma ogni volta che la vedo a me sale un’emozione che è una cosa assurda. Sempre.
Quando la guardo insomma, mi pare di stare dentro un film, come se qualcuno
avesse spruzzato una droga nell’aria. Mi sembra tutto nuovo e anche il verde
delle foglie è più verde.
Ecco, tipo, quando la vedo a me sembra quella sensazione lì no? Quella
dei regali. Ma non quando scarti la carta, macché, il momento prima, l’euforia
di quando sei bimbo e aspetti con impazienza il dono agognato. A me lei fa
quest’effetto. ‘Sta roba qua. Mi sembra l’attesa del regalo. E’ adrenalina e
voglia.
Un colpo di fulmine mi sa.
Però se la vedo anche da lontano mi
sento bene e non ho bisogno d’altro. Pure se ci sono mille indecisioni e mi dico continuamente non fare il bambino,
cresci! Non ci riesco mica.
Cioè, non c’ho mai creduto al colpo di fulmine, ma a me sembra come se
c’è una salita (o una discesa) ed io la guardo, ho questa visione di un altro
me stesso in un altro mondo in un altro luogo; un altro me stesso che la
osserva ogni giorno per giorni e giorni e giorni e con una scusa qualunque
percorre la stessa strada solo per averla vicina.
Non so cosa mi ha fatto ‘sta ragazza. Ma c’è qualcosa in lei che va
oltre le apparenze, anche se poi la conoscerò e ci renderemo conto che siamo
completamente diversi, che non ci azzecchiamo niente l’un con l’altra, a me
giuro non importerà, perché mi basta guardarti per essere felice.
FEDERICO MOCCIA: Ohhhh, che bel discorso. Che grande amore.
«Il pinguino oggi non te lo sei portato?»
«Mi distrae…», dico col tono di chi ha capito tutto dalla vita, come mi
ha consigliato Johnny Deep.
«Ti piace leggere?»
Allargo il torace, mostrando sicurezza.
«Sì, molto»
«Anche a me».
«Annusi la carta…»
«Sempre, ogni volta che comincio un libro».
«Lo faccio anche io, da quando ero bambino. Ho iniziato con i fumetti di
Dylan Dog e non ho più smesso».
GRANDE PUFFO: Vabbè, mo non è che deve
puffare tutti i cazzi nostri eh.
«Adoro l’odore della carta».
Ecco, c’è quest’attimo di silenzio in
cui ci guardiamo negli occhi che a me lascia totalmente spiazzato. Mi perdo,
per un secondo soltanto, scoprendo nuove linee e nuove geometrie di perfezione,
l’iride perfetto, le ciglia che si allungano, il contorno degli occhi che segue
curve lontane, come se un artista avesse disegnato solo per me la perfezione
del momento.
Vorrei cristallizzarlo per sempre, il momento, e vivere nell’attimo per
sempre.
GRANDE PUFFO: Per tutti i puffi, il
ragazzo è andato! Facciamolo rinsavire presto, sta con ‘sta faccia da ebete a
fissarla! Qui la tipa si spaventa! A Elia gli cola la bava Cristo!
«Di dove sei?», domando.
«Roma.»
«Ah.»
«Come sei provinciale», mi fa Ganesh, «adesso non è che se una c’ha i
tratti orientali vuol dire che è orientale no? Classica mentalità bigotta
italiana. Ci sei cascato Mangiaboschi, ci sei cascato. Sicuro sono dieci punti
in meno nella scalata del successo».
«I miei genitori sono indiani, ma io sono nata qui».
«Infatti… non si sente l’accento…»
BRAD PITT: Noooo, questa no. E’ pessima cazzo.
«Come ti chiami?»
«Elia, tu?»
«Mia», sorride.
Ed io di nuovo mi perdo in quel sorriso
e mi trovo costretto in un romanzo rosa. Mi sudano le mani e mi rendo conto di
aver conosciuto Emozione. Vorrei dirglielo, vorrei dire, «Tu per me sei
Emozione», ma come posso farlo?
«E la bimba?»
«È la mia datrice di lavoro».
«Cosa?»
«Lo sapevo io che c’era una congiura di bambini, vogliono governare il
mondo Elia, altro che il pinguino! Verrai ucciso per averci provato con una
loro dipendente!», urla Ganesh.
«Faccio la babysitter, quindi, da un certo punto di vista, lei è la mia
datrice di lavoro.»
«Non fa una piega».
«E tu?»
Ecco, la figuraccia.
«Potresti inventare una storia. Dì che sei un’astronauta in ferie, un
sabotatore di edicole, un produttore di cibi liofilizzati, un importante
scrittore che scrive sotto pseudonimo, un rivoluzionario in pensione, l’inventore
del cellulare… un alieno! Ma ti prego, non dire che lavoro fai, non dirlo!», mi
implora Ganesh.
«Sono un impiegato, timbro pacchi e compilo scartoffie.»
«Bello.»
«No, orribile.»
«Già…»
Mia ride.
E anche a me viene da ridere.
E ancora.
E ancora.
E allora anche la bimba, la sua datrice
di lavoro, ride.
Così ridiamo tutti e tre.
E ridono pure le foglie e gli alberi.
E anche il sole ride.
E la Stanza dei Bottoni
GRANDE PUFFO: Il luogo da cui manovriamo
Elia…
…si riempie di risate.
FEDERICO MOCCIA: E di cuori.
E improvvisamente tutto il mondo ride. Tutto quanto. E a noi non ci
importa più di niente e di nessuno.
Siamo soli sì.
Nella nostra risata.
JAQUES PREVERT: I ragazzi che si amano
non ci sono per nessuno, essi sono altrove molto più lontano della notte…
Allora penso che sì, l’amore è un po’
così. Ti fa tornare bambino, ad essere felici per le cose stupide. Per le
cazzate.
E credo che anche a Mia io piaccio un pochino, perché quando le nostre
bocche tornano serie e il respiro si fa regolare lei mi chiede, con gli occhi
luminosi: «Andiamo a cena insieme questa sera?»
Il prossimo raccontino esce martedì 20 giugno...